sabato 21 marzo 2009

La legge di Wilcoyote 2 - Il delirio del PIL e della crescita infinita

La campagna elettorale del 2006 tra due schieramenti contrapposti si è basata più su frazioni di cifre che su qualunque altro argomento. Non su una visione economica diversa, ma sulla stessa immagine accettata di modello economico e le divergenze erano sull'ammontare della percentuale di cui fosse o non fosse incrementato il prodotto interno lordo (PIL) e/o il debito pubblico, dandosi del bugiardo a vicenda.

La gente ovviamente non capiva la ragione del contendere e tifava per simpatie personali, come allo stadio.

In effetti l'essenza stessa e la relativa importanza di un PIL ( in inglese GDP,Gross Domestic Product) e di un debito pubblico non veniva e non viene tuttora messa in discussione da nessuno. Si tratta di una certezza assoluta, pilastro della scienza economica, chiara e biblicamente certa come il sole che gira intorno alla Terra.

Eppure più di un Galileo è già spuntato, e non da oggi, a mettere in discussione questo concetto. Il debito pubblico esiste già da un paio di secoli, mentre il PIL è un'invenzione molto più recente che risale a meno di quarant'anni fa. E' un'idea stupida e dannosa anche se non più di quelle che l'hanno preceduta.


Ma che cos'è il PIL e, soprattutto, a che cosa serve? Per quale motivo dovremmo preoccuparcene?

Il PIL, dal punto di vista della spesa dovrebbe essere la somma dei consumi, degli investimenti e della spesa pubblica a cui si aggiunge il saldo delle esportazioni.

Consumi + investimenti + spesa pubblica + saldo export import = PIL

A mo' di verifica si introduce un PIL dal punto di vista della produzione e cioè la somma del valore aggiunto ( produzione- consumi intermedi) e delle imposte

VA (produzione-consumi intermedi) + imposte = PIL

e un PIL dal punto di vista dei redditi equivalente alla somme delle imposte con i redditi da lavoro dipendente e i risultati di gestione.

Redditi + risultati di gestione + imposte = PIL

Senza entrare troppo nella questione limitiamoci a notare che, con il passare del

tempo, sono stati rilevati sempre più aspetti grotteschi in questi calcoli. Rinviamo chi fosse interessato alle numerose voci critiche che si sono levate su questa ipotesi di calcolo della ricchezza di un Paese.

Vediamo perché.

In primo luogo queste somme sono molto empiriche, a dispetto della loro presunta matematicità e il loro calcolo non può avere la precisione che viene sbandierata.

Poiché dal Pil partono tutta una serie di concetti macroeconomici, anzi possiamo dire che l'intera economia politica parte e gira intorno al PIL, i tentativi di rendere una scienza esatta dei concetti vaghi portano a delle equivalenze che lasciano perplessi.

Cito ad esempio l'equivalenza risparmio = investimenti, già assai discutibile da sé, che diventa del tutto incomprensibile nelle equazioni macroeconomiche, dove quanto più si riduce il risparmio, quindi si aumentano i consumi, tanto più cresce la ricchezza nazionale.

In pratica si afferma solennemente che riducendo gli investimenti si aumenta il PIL, salvo poi auspicare politiche che incentivino gli investimenti. Oppure la tanto auspicata riduzione della spesa pubblica, visto che la stessa spesa è una voce del PIL, porta ad una RIDUZIONE di questo.

Le assurdità del PIL sono innumerevoli.

Contro ogni buon senso il PIL somma benefici e danni. Ad esempio il fatturato dell'estrazione del petrolio viene sommato ai danni che la ricerca del petrolio causa.

Un incidente stradale, con le attività economicamente remunerative che comporta (soccorso e cure ospedaliere ai feriti, sgombero e demolizione carcasse, riparazione dei danni, cause legali ecc) causa un amento del PIL.

Se un bosco viene abbattuto per produrre carta igienica o per farci un parcheggio il PIL cresce senza considerare il deprezzamento ambientale del disboscamento. Alcuni analisti hanno valutato che se i danni venissero sottratti e non aggiunti, l'aumento del PIL che si è avuto negli Stati Uniti a partire dagli anni settanta, da quando cioè è nato il PIL, si avrebbe un drastico peggioramento della qualità della vita e non il presunto progresso evidenziato dai dati.

Assai paradossalmente se aumenta la criminalità aumenta anche il PIL e quindi si tratterebbe di un dato positivo per gli economisti.

Il PIL non tiene in alcun conto il lavoro gratuito come quello domestico o il volontariato, pur avendo questi un importante peso nell'economia della nazione (in Italia ci sono oltre un milione di volontari che svolgono ogni tipo di assistenza).

Ovviamente non considera nemmeno tutto il lavoro nero e l'economia sommersa, per cui basta che una certa parte di economia si sommerga o riemerga, generalmente a causa della pressione fiscale, e il PIL si modifica.

E' anche parecchio discutibile il calcolo del valore aggiunto, che si fa sottraendo i consumi intermedi dalla produzione. Generalmente vengono considerati intermedi quei prodotti e servizi resi ad altre aziende e non al consumatore finale, ma questo è aleatorio. Le persone devono mangiare, vestirsi e spostarsi per poter produrre e

quindi anche i loro consumi sarebbero da considerare intermedi, ma se venissero sottratti, il PIL si ridurrebbe al solo valore delle imposte.

Non sarebbe un gran danno se intorno al PIL ed alle sue presunte certezze non ruotasse sempre più la vita politica del nostro Paese e del resto del mondo

Nel 1987 vi fu il clamoroso sorpasso dell'Italia sulla Gran Bretagna che scese dal quarto al quinto posto nel campionato del mondo dei PIL.

Ci fu tifo da stadio e proteste della Thatcher che accusò gli italiani di avere barato.

Che cosa era successo? Semplicemente che Bettino Craxi pensò di rivedere alcuni aspetti del calcolo dei parametri dell'ISTAT (ad esempio gli affitti degli alloggi) e il PIL ottenne una rivalutazione spettacolare del 12% in un botto solo.

Successivamente la Gran Bretagna ci ha risuperati e ultimamente anche la Cina:

Anche in questo caso si è trattato di una revisione delle stime dell'Ufficio nazionale delle statistiche di Pechino, che dalla sera alla mattina ha rivalutato il PIL del 16,8%.

Ci sarebbe da ridere se, dietro queste gag da avanspettacolo, non ci fosse la tragedia della gente comune che scopre all'improvviso che non può più arrivare a fine mese.

Domenico De Simone , molto efficacemente, fa notare che un Paese felice, dove tutti hanno tutto e non hanno necessità di produrre sempre di più, secondo i sacerdoti della macroeconomia è un Paese in stagnazione, a crescita zero o addirittura in recessione, con grande disperazione, allarme, strappamento di capelli e stracciamento di vesti della classe politica, sindacati e giornalisti.

Viceversa un Paese coinvolto in una guerra devastante, a causa dei danni da riparare, della spesa pubblica alle stelle per i costi militari, della produzione industriale bellica galoppante è un paese con una economia galoppante e una crescita strepitosa, un vero paradiso keynesiano.

Tutto questo per dire che i risultati che si ottengono solo semplicemente casuali, non significano nulla e non rappresentano la realtà dei fatti.

Le voci che si levano contro il PIL e i suoi deliri pseudo-matematici sono sempre più numerose ed autorevoli, tuttavia il concetto resiste ed sempre più sbandierato diventando, curiosamente, uno degli argomenti cari agli economisti della sinistra ed ai sindacati.

Ma perché abbiamo bisogno del PIL? E soprattutto perché deve sempre crescere?

Tutti sono in grado di comprendere che la crescita infinita non può esistere.

L'economista francese Serge Latouche afferma che i termini "sviluppo" e "crescita" sono stati presi in prestito dagli economisti alla biologia, dimenticandosi che in natura tutto ciò che cresce, necessariamente declina e muore.

O meglio, non tutto. Secondo l'economista indiana Verdana Shiva, lo schema della crescita infinita è quello delle cellule tumorali. Abbiamo preso cioè come modello di sviluppo la peggiore malattia, probabilmente anch'essa causata dal progresso incontrollato dell'uomo.

Una famosa truffa che viene tutt'oggi ripetuta in varie forme, anche semilegali o addirittura legali, è nota come "schema Ponzi", da nome dell'italo-americano che per primo la mise in atto all'inizio del novecento. Ponzi si faceva prestare dei soldi promettendo interessi altissimi a breve termine, interessi che regolarmente pagava.

Inevitabilmente ebbe un crescente successo e sempre più gente voleva investire con lui i suoi risparmi. In realtà Ponzi usava questi soldi per pagare gli interessi ai suoi primi creditori, creando così una piramide con la base sempre più ampia. Ovviamente quelli in fondo non avrebbero mai visto non solo gli interessi, ma nemmeno il capitale versato. Ponzi contava di sparire col malloppo ma è stato probabilmentetradito dall'avidità.

Lo schema Ponzi, praticamente una catena di S,Antonio, è stato più volte applicato in seguito, cambiando nome e qualche sfumatura. Gli economisti lo conoscono benissimo, salvo non riuscire, o non volere, rendersi conto che questo concetto si applica perfettamente alla macroeconomia ed alla teoria dello sviluppo infinito. Se tutto il mondo dovesse condividere il sistema di vita e di spreco del mondo occidentale ci vorrebbero altri cinque o sei pianeti per sostenerlo. Ma c'è di più.

Oggi in Italia, e probabilmente in tutto l'occidente, si vive peggio che quarant'anni fa. Il peggioramento è stato impercettibile nel corso degli anni, ma oggi è talmente marcato che chiunque abbia vissuto abbastanza a lungo se ne rende conto e non è solo nostalgia dei bei tempi.

Usando il PIL come termine di valutazione abbiamo creato un mondo isterico ed orrendo.

La durata di utilizzo degli oggetti prodotti è sempre più breve, alcuni li compriamo e li buttiamo via quasi immediatamente. In nome della crescita continua produciamo sempre più roba e a ritmi sempre più ossessivi.

Roba che acquistiamo e spesso non utilizziamo, quindi che non genera un reale benessere, e che dobbiamo successivamente smaltire come rifiuto. Gli oggetti devono diventare obsoleti rapidamente per poter essere rimpiazzati in continuazione in nome dell'incremento obbligatorio delle vendite.

Spesso inoltre siamo costretti ad acquistare prodotti solo per poter mantenere i ritmi produttivi.

Automobili, computer e telefonini sono spesso necessità di lavoro e non acquisti per scelta e aumentano di molto il costo della vita.

Se paragoniamo gli stili di vita di una famiglia degli anni sessanta o settanta e quelli attuali la differenza salta agli occhi. Allora normalmente uno stipendio era sufficiente e quindi solo una persona lavorava.

Chi restava a casa, a quell'epoca quasi esclusivamente le mogli, poteva occuparsi adeguatamente della gestione e della manutenzione della medesima. Accompagnava i figli a scuola e faceva la spesa, a piedi, nei negozi e mercati sotto casa. Il week-end, le feste e le vacanze si passavano tutti insieme.

Oggi bisogna che entrambi i coniugi lavorino, quindi ci vogliono due macchine, e bisogna parcheggiare i figli da qualche parte per almeno otto o nove ore, quindi bisogna pagare asili, doposcuola e/o baby sitter. La spesa si fa all'ipermercato, che si raggiunge con la macchina e fuori dalle ore di lavoro, che sono sempre meno ore di ufficio, proprio perché sempre più attività necessitano di stare aperte 18 o 20 ore al giorno sette giorni su sette. I coniugi spesso fanno turni diversi e si tengono in contatto col telefonino. Non essendoci tempo per cucinare si comprano sempre più piatti pronti e cibo spazzatura, comunque più costoso dei semplici ingredienti. Per fare tutto si gira con le macchine tutto il giorno, pagando parcheggi, benzina, balzelli e multe e creando inquinamento. Negli anni sessanta i poveri andavano in bicicletta e i ricchi in automobile, oggi è il contrario.

Ma per quale motivo la produzione deve crescere in continuazione? E perché questa baggianata viene sostenuta con tanta veemenza?

Per consentire al denaro di moltiplicarsi e a chi lo crea, lo vende, lo controlla, cioè le banche, di lucrare enormemente. Il denaro non ha nulla a che vedere con la qualità della vita o con uno sviluppo reale dell'economia, necessita solo dei presupposti per riprodursi, cioè di gente , individui, aziende, nazioni, disposta o costretta ad indebitarsi.

 

1 commento:

Weissbach ha detto...

Bellissimo il lapsus "Verdana" Shiva.
Posso riutilizzarlo?
Ciao
WB