domenica 29 marzo 2009

La legge di Wilcoyote 15 - Le gabbie mentali della destra e della sinistra - Conclusioni

In generale si pensa che chi si dichiara di destra sia un tradizionalista, amante della gerarchia, dell'ordine e del merito, tendenzialmente militarista, il tutto condito da un certo machismo. L'uomo di sinistra invece si considera intellettuale, populista e pacifista, assertore della bontà intrinseca dell'uomo.

In realtà entrambi sono prigionieri di schematismi molto simili. All'interno di entrambi i sistemi vi sono persone che necessitano disperatamente di una guida, di un modello da seguire rigidamente, in pratica di qualcuno che pensi per loro.

All'interno di entrambi gli schieramenti vi sono anche persone che si interrogano sul significato delle proprie azioni, senza sentirsi gratificati dall'omologazione con gli altri.

La vera differenza è fra coloro che amano pensare e coloro che amano seguire. Le altre posizioni sono solo di circostanza.

Il pacifismo della sinistra ad esempio è sempre stato sponsorizzato dall'Unione Sovietica, quando esisteva, e quindi indirizzato all'antiamericanismo, sorvolando ad alta quota quindi sulla militarizzazione esasperata della società sovietica. Chi all'interno della sinistra ufficiale, rappresentata in Italia dal PCI, trovava difficile giustificare ad esempio il pugno di ferro dell'URSS in Ungheria e Cecoslovacchia, si scontrava con la posizione del partito riassunta dalla frase attribuita a Togliatti "quando si sta da una parte, si sta anche se non si approva".

Anche all'esterno del PCI il pacifismo cozzava col militarismo rivoluzionario, da Che Guevara alle brigate rosse.

La destra estrema invece non è mai riuscita a simpatizzare con le dittature militari sovietica e cinese, che pure hanno molti tratti in comune con le dittature di destra, culto della personalità compreso. Anche in questo caso solo per motivi di schieramento.

La destra in Italia ha sempre avuto il fascismo come punto di riferimento e non ha saputo produrre un modello alternativo. Il fascismo è stato tutto e il contrario di tutto: è stato rivoluzionario e reazionario, populista e capitalista, monarchico e repubblicano, nazionalista e internazionalista. Mussolini era uno che si fidava del suo istinto e navigava a vista. Morendo ha lasciato orfani e senza guida i suoi epigoni, mentre i nostalgici del comunismo hanno a loro disposizione una voluminosa letteratura, a cominciare dal capitale di Marx, che gli da l'illusione di avere delle basi più solide.

In campo economico le cose sono ancora più complicate. Dopo la caduta del muro di Berlino, il socialismo reale e la sua politica economica programmata risulta morto e, a buon senso, non resuscitabile. Era già ampiamente superato, avendo mostrato tutti i suoi limiti, a chi li voleva vedere, compresa l'illusione che fosse una forma di autogestione del popolo e che l'autogestione del popolo fosse una forma di governo, non solo possibile, ma anche perfetta.

Prima del 1989 il socialismo si contrapponeva al capitalismo, che riteneva che il mercato potesse supplire a tutti i bisogni dell'umanità nel migliore dei modi, essendo un equilibrio ideale delle necessità e capacità individuali.

Il punto è che socialismo e capitalismo sono figli dello stesso padre, il positivismo ottocentesco, e non sono poi così diversi, visto che entrambi accettano la logica demenziale della crescita continua.

Con la caduta del socialismo anche il capitalismo mostra la corda, ma viene salutato come vincitore, non vedendosi possibili alternative ed anche la sinistra deve adeguarsi. I duri e puri continuano a credere, se non proprio nella dittatura del proletariato, almeno nel sol dell'avvenire, ritenendo storpiato il messaggio marxista, dalle varie repubbliche socialiste, URSS in testa. I moderati non si ritengono più rivoluzionari e si sono autodefiniti riformisti. Accettano il libero mercato e ne vagheggiano una forma collettiva, per cui credono nelle cooperative come forma di capitalismo ideale senza padroni.

Ora è innegabile che le cooperative di sinistra abbiano raggiunto traguardi considerevoli in Italia, sono traguardi raggiunti però grazie ad un enorme contributo economico dell'URSS e grazie alla negazione, al loro interno di quei diritti ritenuti sacrosanti dai sindacati nelle aziende concorrenti.

Da un punto di vista ideologico né la destra, né la sinistra hanno molto da teorizzare e vivono di nostalgie di idee passate e di patetici simboli arrugginiti e datati, incapaci di capire perchè non hanno funzionato.

La destra si limita a constatare il fallimento del socialismo e quindi ad accettare le logiche feroci del capitalismo. La sinistra, constatato anch'essa il fallimento del socialismo, s'inventa un improbabile capitalismo popolare. Entrambe si riempiono la bocca della parola "libertà", uno dei concetti più elastici mai creati dalla mente umana, che si adatta ad ogni credo e va bene in ogni circostanza.

I nemici della libertà sono sempre gli altri.

Niente che faccia palpitare cuori adolescenti da gettare oltre l'ostacolo. Il sogno, l'incubo e il delirio di ogni adolescente è quello di trovare un lavoro, ed è l'unica cosa che chiede alla politica. Non sogna più un mondo migliore, vuole un lavoro.

L'ideale di libertà è il lavoro. Arbeit macht frei. Il motto dei campi di sterminio nazisti e la realtà che nascondeva sono il miglior riassunto del mondo moderno e della sua economia.

Un discorso a parte meritano i verdi. Partiti teoricamente col piede giusto, considerare le risorse reali del pianeta più importanti dei valori fittizi della finanza, si sono rivelati subito figli dei luoghi comuni degli intellettualoidi al caviale degli anni sessanta e settanta. Questi figli dei figli dei fiori, con arrogante intransigenza, hanno sposato i modelli economici e politici della sinistra estrema, antiamericanismo e lotta di classe in testa, con la visione della natura di Walt Disney.

Ma quale sarebbe oggi l'economia ideale della sinistra moderata? L'economista James Meade, teorizza un mondo fatto da aziende in parte possedute da soci di capitale e in parte da soci lavoratori che , anziché percepire un salario si spartiscono gli utili. Praticamente delle società in accomandita. Viene poi fulminato dal dubbio che i lavoratori non preferiscano uno stipendio fisso anziché degli utili incerti e risolve la cosa proponendo una entrata extra per i lavoratori garantita dallo Stato.

Ecco riapparire il fantasma delle tasse che ridistribuiscono il reddito.

Come tutti i teorici dimentica alcuni aspetti fondamentali, ad esempio che le aziende, in un libero mercato, possono anche non guadagnare nulla o addirittura PERDERE! e che c'è qualche difficoltà a gestire una azienda di migliaia di persone senza una scala gerarchica (immaginate la FIAT decidere con assemblee di fabbrica il lancio di una nuova auto e quale stabilimento dovrebbe produrla). Inoltre accetta anche lui l'idea di una economia in perenne crescita.

Fare una critica a Meade esula dai nostri scopi, le sue idee devono essere sembrate geniali a qualcuno se gli hanno dato il Nobel nel 1977. Il Nobel in economia però, più ancora che in altri campi, è un concetto politico. Il plauso per Meade e il fatto che per molti rappresenti ancora oggi la terza via tra capitalismo e comunismo, si spiegano con la boccata di ossigeno morale che le sue idee danno a chi non vuole abbandonare la falce e il martello mentre investe in Borsa.

Intendiamoci, Meade e le sue idee sono del tutto sconosciuti alla maggior parte di loro, la cosa che più sorprende è che proprio la sinistra riformista è quella che si presta di più al gioco degli organismi monetari internazionali.

E' giunta l'ora di abbandonare questi schematismi bolliti e ormai insignificanti e creare un'idea sociale ed economica nuova, senza collocazione politica e senza pagare pedaggi ideologici al passato.


Conclusioni

In poche parole possiamo riassumere quanto si è detto:

Molti principi dell'economia sono baggianate.

Il concetto di PIL è una immensa sciocchezza e il fatto che venga preso con grande serietà è solo una truffa colossale di cui molti politici sono complici, talvolta inconsapevoli.

Gli economisti, con la loro boria, non possiedono alcuna scienza esatta, non sono in grado di prevedere il futuro e nemmeno di spiegare gli avvenimenti passati: li mettono insieme in qualche modo cercando di adattarli alle loro teorie, senza riuscirci.

Le politiche monetarie quasi sempre totalmente inefficaci e gli organismi internazionali che dovrebbero stabilizzare le economie sono più che altro associazioni a delinquere, espressioni del potere finanziario, che si arricchiscono generando speculazioni. E' assurdo e criminale che i governi si assoggettino alle loro direttive e ai loro moniti che, con grande saggezza, puntualmente dispensano.

Anche se da una parte blandiscono e dall'altra terrorizzano che i possibili effetti negativi di un loro abbandono, non bisogna credere alle loro bugie: senza il potere della finanza il mondo sarà molto migliore, non peggiore.

La verità è che il mondo intero sta correndo verso il baratro seguendo i loro principi e i loro consigli e non si potrà uscirne senza un bagno di sangue.

E' ora di sbarazzarsene. Il nostro Paese, prima ancora del mondo, ha tutto da guadagnare, non solo dall'uscita dall'Euro, ma anche dall'uscita dal FMI. Senza l'Euro non rischiamo la fine dell'Argentina, come sbandierano i suoi sostenitori.

L'Argentina ha passato i suoi guai proprio perché è stata obbligata dal FMI a legare la sua valuta al dollaro, una moneta su cui non aveva alcun controllo, ed alla liberalizzazione della circolazione dei capitali.

Basta crescita infinita e basta gigantismi. Continuiamo a sentirci dire che le imprese devono crescere, come fatturato e come dimensioni, che dobbiamo avere aziende enormi per competere sul mercato internazionale. Questo non è vero, piccolo è bello, lo pensava anche Gandhi, perché consente una distribuzione del benessere a tutti i cittadini e non è controllabile. Per questo i grandi centri di potere, finanza, politici e sindacati cercano di farci credere che sia indispensabile ingigantirsi, incoraggiano le grandi fusioni, nonostante abbiano sempre una ricaduta negativa sull'occupazione e sul benessere diffuso.

Bisogna tornare ad una moneta di proprietà dei cittadini ed è necessario ridurre il potere della finanza sull'economia, per questo bisogna eliminare il miracolo della creazione del denaro dal nulla.

Il sogno di Pinocchio di arricchirsi piantando le monete, arricchisce in realtà solo il gatto e la volpe. La nuova versione di questa storia si chiama Borsa Valori, dove si fa credere che esista una finanza democratica che fa arricchire tutti. Ancora Pinocchio ci porta nel Paese dei Balocchi, dove i gonzi illusi finiscono per ritrovarsi trasformati in asini a lavorare sotto padrone e sotto la frusta per tutta la vita. Le ricchezze dell'Italia sono ancora immense e devono essere a disposizione di tutti, non arricchire la speculazione nazionale ed internazionale.

Se lo stato Italiano emettesse in proprio la moneta, senza cioè indebitarsi con banche private per il disturbo, ce ne sarebbe a sufficienza da coprire le spese pubbliche senza tassare i cittadini e per dare a tutti un reddito base.

Potrebbe lavorare chi vuole, facendo i lavori realmente necessari, non quelli inventati per "creare occupazione". Si potrebbe a questo punto ridurre le spese di amministrazione pubblica, in maggioranza causate dagli stipendi di un esercito di assunzioni clientelari, 5 milioni di dipendenti in gran parte inutili, ed aumentare il reddito base per tutti.

Quanto al capitale straniero, finché esisterà, non solo non ci abbandonerà, ma si precipiterà da noi, un Paese dove non si pagano tasse è sempre estremamente interessante, come dimostrano i vari paradisi fiscali. Anche le nostre esportazioni migliorerebbero, non essendo la produzione schiacciata dagli immensi costi parassitari della pubblica amministrazione e dell'indebitamento con la finanza privata.

Gran parte del lavoro è inutile. Produciamo molto più di quello che ci serve, il che si traduce in una perdita di risorse per il pianeta ed un aumento mostruoso dei rifiuti da smaltire. Nonostante questo non riusciamo a dare lavoro a tutti. Il lavoro in realtà serve solo, per la maggioranza delle persone, ad avere denaro per partecipare ai consumi, ma poichè i consumi devono aumentare in modo vertiginoso per poter fornire utile al capitale e un reddito a chi produce, i soldi non sono mai sufficienti e si vive sempre peggio. Salvo ovviamente una cerchia sempre più ristretta di persone. Lo Stato può e deve fornire i mezzi ai cittadini per poter acquistare i prodotti, superando il concetto bismarckiano di società basata sul lavoro. Il lavoro deve essere svolto su base volontaria e quindi dare benefici a chi lo fa. In questo caso il libero mercato stabilirà quali sono i lavori realmente necessari e in che misura sono necessari, senza traumi per nessuno.

Per quel che riguarda la distribuzione del reddito ed alle politiche economiche bisogna aiutare ed incentivare le piccole imprese eliminando tasse e burocrazia (che è un'altra forma di tassa) e scoraggiare invece le maxi distribuzioni e i gruppi enormi di capitali ed industriali, che vengono oggi invece incoraggiati e sbandierati come necessari all'economia italiana e foraggiati in ogni modo. In questo modo non solo il reddito sarà meglio distribuito verticalmente, ma anche orizzontalmente, cioè sul territorio non essendoci la necessità di concentrare grandi masse di lavoratori in pochi centri.

Le ideologie che si tenta di applicare, comunismo, capitalismo, modello bismarckiano, risalgono tutte all'800, nonostante le apparenti differenze hanno tutte gli stessi difetti e accettano gli stessi principi e portano alla fine agli stessi esiti: pochi privilegiati, molti infelici e devastazioni ambientali. Per non parlare delle deviazioni sanguinarie che hanno scatenato un secolo d'inferno nel '900. Hanno fallito e lo hanno dimostrato in tutti i modi possibili, ma c'è ancora chi ci si aggrappa per mancanza di alternative.

Il capitalismo non è il libero mercato, è solo una dittatura mascherata, è il monopolio privato, assai peggiore del monopolio pubblico.

I partiti della destra e della sinistra non capiscono più nemmeno in cosa si differenziano e sono troppo occupati ad accusarsi a vicenda di mentire sulle cifre più o meno fantastiche della finanza, sul debito pubblico, sul Pil e sulle altre sciocchezze e ad incolparsi reciprocamente di essere la causa dei disastri dell'Italia.

L'informazione ed anche la stessa politica sono pagate dalla finanza, come possono metterne in dubbi i principi?

Gli Italiani non ovviamente non sanno più a chi dare retta e vanno a simpatie personali. Il contrasto è senza senso.

Come uno dei personaggi di "cent'anni di solitudine" di G.G.Marquez, che dichiarava di non giocare a scacchi perché non capiva il senso di una contesa in cui entrambi gli avversari erano d'accordo sui principi, così gli italiani non sanno più in cosa si differenzino i vari partiti.

Tutti parlano dei problemi del Paese e della gente ma nessuno in realtà parla chiaramente delle soluzioni e se ne parla è sempre in termini di "necessari sacrifici".

Sempre per un futuro migliore dietro l'angolo. In genere del futuro migliore si parla in campagna elettorale mentre dei "necessari sacrifici" una volta ottenuto il potere.

Così gli italiani vedono la carota, anche se ci credono sempre di meno, e sopportano le frustate. Se non hanno ancora raggiunto la carota è colpa degli altri, del partito avverso che rema contro, anche se in genere parla la stessa lingua. Gli italiani tirano il carretto cambiando carrettiere e pensano che questo sia inevitabile, sognando magari un giorno di essere tra quelli che frustano.

Qualcuno, travolto dalla disperazione si lascia andare a scorciatoie illegali, gli altri vivono aspettando che il Robin Hood di Lottomatica o Sisal o Snai bussi alla porta.

Invece il futuro migliore è possibile, cominciando a costruirlo da oggi, semplicemente togliendo le risorse alle banche e utilizzandole per le persone.

Bisogna cambiare il sistema economico cosa, tutto sommato, non molto difficile. E' già successo spesso in passato.

Difficile è cambiare l'ottica delle persone ed è per questo che bisogna cominciare da subito a contrastare le balle autoprotettive del sistema finanziario

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