domenica 29 marzo 2009

La legge di Wilcoyote 13 - L'Argentina

L'Argentina merita una menzione particolare per due motivi. E' un caso recente la cui bancarotta ha coinvolto in maniera pesante una massa di risparmiatori italiani, che sono stati letteralmente truffati dalle banche e quindi è ben presente nelle menti degli italiani.

Per questo motivo è lo spauracchio che i sostenitori dell'euro agitano per dimostrare quanto sia protettiva la moneta unica e quanto fortunati siamo a farne parte.

Il secondo motivo è che spiega in realtà molto bene come funzionano certi meccanismi finanziari messi in atto dal Fondo Monetario Internazionale ed è allo stesso tempo un ottimo esempio della cialtroneria delle banche nostrane ed estere.

Quanto è successo con l'Argentina era in passato già avvenuto molte volte, ma non essendoci un coinvolgimento diretto dei risparmiatori italiani, nessuno ci aveva fatto particolarmente caso.

Cosa sia successo è fonte di meraviglia per lo scrittore M.Vargas Llosa che non sa spiegarselo bene.

"Come si spiega che l'Argentina, che ha avuto qualche decennio fa uno dei livelli di vita più alti del mondo e che sembrava destinata, qualche generazione più tardi, a competere con la Svizzera o con la Svezia quanto a sviluppo e modernità, sia retrocessa in questo modo, fino a poter essere paragonata, quanto a impoverimento, a disordine a certi Paesi africani? (…) L'Argentina ha di tutto, dal petrolio a un mare ricco, a una terra fertile che da sola basterebbe per consentire all'Argentina di essere allo stesso tempo granaio e fornitore di tutte le macellerie del mondo. Ha un territorio enorme con una popolazione ridotta e culturalmente omogenea."

Forse tutto questo è venuto improvvisamente a mancare? Per nulla. L'Argentina continua ad essere uno dei Paesi più ricchi del mondo, se per ricchezza intendiamo le risorse del territorio e delle infrastrutture.

La sinistra, come al solito, tenta di buttarla sulla lotta di classe senza saper spiegare un bel niente. E' vero che la pesante, corrotta e sanguinaria dittatura che ha governato il Paese per diversi anni fino al 1983 non gli ha certamente giovato, ma i guai grossi sono successi dopo con il "democratico" Menem e i suoi successori.

Con la dollarizzazione della valuta, il pesante ingresso di capitale straniero e la privatizzazione di molte strutture, l'Argentina entra nel pieno del delirio economico tanto caro ai finanzieri mondiali e con il solito corollario di disastri obbligati: aumento mostruoso della disoccupazione, sbilanciamento delle attività produttive, aumento del debito estero. Al danno si aggiungono le beffe. Gli osservatori del mondo finanziario asseriscono che i guai dell'Argentina sono dovuti alla chiusura dei mercati europei ed USA ai prodotti argentini, soprattutto a quelli agricoli. Insomma non sono abbastanza "globalizzati".

La realtà è un'altra. L'agricoltura argentina è in mano alle multinazionali degli OGM che hanno fatto fallire migliaia di piccoli produttori. Inoltre all'inizio degli anni '90, gli USA e il FMI offrirono un prestito condizionato all'ancoraggio del Peso Argentino al Dollaro, alla totale privatizzazione di banche e servizi, alla rimozione di dazi doganali ed alla liberalizzazione della circolazione dei capitali.

Questo causò il crollo delle esportazioni, a causa del Peso sopravvalutato, l'impossibilità di esercitare politiche monetarie e un incremento delle importazioni di merci a basso costo, che distrussero l'economia produttiva della nazione, con chiusura di fabbriche ed aumento della disoccupazione.

La libera circolazione dei capitali fece affluire la speculazione internazionale, soprattutto i cosiddetti "vulture funds", i fondi avvoltoio specializzati nell'investimento in società fallite o sull'orlo del fallimento, che ottengono enormi profitti dal loro salvataggio o risanamento, generalmente a spese della comunità.

In effetti l'Argentina sembrava un buon affare, grandi risorse e tassi d'interesse molto alti sui titoli pubblici. Per un po' gli avvoltoi hanno guadagnato, ma le progressive svalutazioni reali del Peso, per stare dietro nominalmente al dollaro, con crescendo rossiniano del debito pubblico, portavano la nazione verso l'insolvenza totale. Gli interventi del FMI aumentarono la portata del disastro. Ulteriori prestiti vennero garantiti a condizione che il governo tagliasse la spesa pubblica, soprattutto stipendi e pensioni. Secondo il FMI la produzione sarebbe cresciuta, invece scese ulteriormente. Un successivo prestito di 26 miliardi di dollari fu concesso a condizione che si saldasse in dollari il loro debito, oltre a pagare un premio del 16%.

Gli interessi più il premio arrivarono a 27 miliardi di dollari annui, cioè superarono l'ammontare del prestito.

Sembra una barzelletta ma incredibilmente il governo argentino accettò.

Pagarono 27 miliardi di dollari per avere un prestito di 26. I soldi non transitarono nemmeno virtualmente dall'Argentina e andarono direttamente nelle casse delle banche americane. La diagnosi fu la solita, mancava competitività nelle esportazioni e c'era troppa spesa pubblica.

Anche la cura del FMI era la solita canzone.

Con uno dei soliti diktat degli organismi finanziari internazionali, impose di tagliare la spesa di 7 miliardi di dollari ed aumentare le tasse di 4 miliardi, impossibile per una economia già agonizzante, il cui gettito fiscale si era ridotto a causa della sparizione della classe media e la spesa pubblica era aumentata per cercare di sostenere l'esercito crescente di nuovi poveri.

Quanto ad aumentare le esportazioni, oltre al fatto che solo le multinazionali erano in grado ormai di esportare qualcosa e i loro proventi non arricchivano le casse del governo argentino, da più parti si fece notare che nemmeno un campione del mondo dell'export, cioè il Giappone, era riuscito a risolvere una crisi decennale solo grazie ad esse, figuriamoci come avrebbe potuto l'Argentina. Il diktat aveva come scadenza il dicembre 2002.

Tirava brutta aria anche per gli avvoltoi che, cominciando a temere che gli restasse in mano il cerino dell'insolvenza totale dei titoli, iniziarono a rifilarli ad ignari risparmiatori. Agli inizi del 2002 la situazione dell'Argentina era arcinota agli operatori del settore, ma le banche collocarono tango bonds a tutto spiano a piccoli investitori, spiegando loro che i rendimenti erano convenientissimi e l'investimento solido. In fondo, raccontavano, L'Argentina è uno dei paesi più ricchi del mondo, i titoli sono statali e lo Stato non può certo fallire. Furono soprattutto le banche italiane a farlo, approfittando della scarsa trasparenza in cui potevano, e possono, operare.

Gran parte di questi investitori non rividero i loro soldi perché i 132 miliardi di debiti argentini sono stati rifilati loro dalla finanza internazionale, FMI e avvoltoi in testa, la quale, quando l'Argentina dichiarò l'insolvenza, si lavò le mani della faccenda e lasciò che fossero i fortunati possessori di bond a discutere con il governo argentino.

Improvvisamente fu chiaro che la ricchezza di una nazione non ha niente a che edere con il suo debito pubblico. Chiaro? Come si è già visto il debito pubblico non è garantito da NIENTE. E' carta straccia e vale qualcosa, per la legge di Wilcoyote, solo se qualcuno accetta che valga qualcosa. Inoltre una nazione può diventare insolvente senza che la sua ricchezza venga intaccata. E' successo molte volte nella Storia.

I risparmiatori che sono riusciti a citare le banche, sono riusciti a recuperare qualcosa, gli altri si sono fottuti, passati cinque anni dalla scadenza, i bond sono diventati carta straccia, quello che sono in realtà sempre stati.

Del resto se uno vuole fare un investimento a rischio, deve mettere in conto la possibilità di perdita, giusto? In un mercato evoluto e maturo mica è compito della banca garantire la rendita, giusto? Se volete l'emozione di giocare a fare Paperon de Paperoni con cilindro e palandrana bisogna anche sapersi muovere, giusto? Che diavolo c'entrano le banche, mica possono prevedere quello che farà il governo argentino, tocca agli investitori informarsi su quello che stanno comprando, giusto?

Altroché se è giusto. E' la dura legge del gol finanziario, che gli organismi internazionali ci vogliono imporre. Il cinismo allegato trascura con un certo fastidio il condimento di sangue, disordini, morti e disastri vari che in genere accompagnano queste brillanti speculazioni. In Argentina c'è stata una mezza guerra civile, che si è tentato di spacciare come una faccenda locale.

Quello che è successo in Argentina non è un caso isolato, è già successo molte volte in passato dal Brasile, all'Ecuador, alla Russia e a diverse nazioni asiatiche. Tutte si sono piegate a tutte le richieste del FMI e le loro economie sono andate a picco.

Secondo autorevoli commentatori il neoliberismo del FMI e della Banca Mondiale e la loro capacità di applicare i propri programmi ha considerevolmente contribuito al declino della crescita economica della maggioranza dei paesi a reddito basso o medio.

E hanno già cominciato con quelli ad alto reddito.

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